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Le ultime sessioni di mercato hanno visto un aumento di volatilità su diversi fronti, creando frenesia da parte degli investitori, grazie alle notizie uscite in questi giorni riguardanti aspetti macroeconomici come la ripresa dei negoziati Usa-Cina.
Il possibile allarmismo della banca centrale americana sulla revisione dei tassi d’interesse e le notizie sempre più pressanti riguardati la Sterlina.
NEGOZIATI USA-CINA
La ripresa dei negoziati tra le due superpotenze sta già creando euforia e ottimismo nei mercati finanziari.
Questo ha spinto gli indici azionari al rialzo puntando diritti verso i massimi che fino ad ora hanno più volte respinto il prezzo.
Questo indica una necessità da parte dell’economia globale di ricevere rassicurazioni da parte degli stati, per continuare il trend a rialzo che ha caratterizzato i mercati azionari da dopo la crisi del 2008/09.
La fiducia di fondo che si è generata da parte degli investitori in questo ultimo meeting lo si vede anche dal deprezzamento dei beni rifugio come il Gold che nelle ultime due sessioni di mercato ha perso 1,27%.
Il primo giorno del nuovo round di colloqui tenutisi a Washington tra la delegazione cinese guidata dal vice premier Liu He e quella statunitense guidata dal Rappresentante per il Commercio, Robert Lighthizer, e dal Segretario al Tesoro, Steven Mnuchin ha riscontrato segni positivi da entrambe le parti.
Stando a quanto dichiarato dal presidente americano Donald Trump, le trattative stanno andando bene e si sta andando verso una possibile conclusione.
Venerdì pomeriggio c’è stata la stretta di mano alla Casa Bianca tra il capo delegazione cinese e il presidente Trump che ha sancito il mini-accordo, raggiunto infine dalle due delegazioni sulla trade-war che da quindici mesi tiene in scacco la crescita globale.
DAZI
Il primo punto riguarda la fine dell’escalation dei dazi.
Gli Stati Uniti martedì non aumenteranno, come previsto, i dazi dal 25 al 30% su 250 miliardi di export cinese.
Non lo faranno neanche il 15 dicembre su 160 miliardi di dollari di telefonini, pc, tablet e videogiochi.
I collaboratori di Trump temevano le ripercussioni sull’economia americana nel periodo degli acquisti natalizi.
La Cina in cambio ha concesso aperture sull’industria finanziaria e l’automotive, aumentando poi le importazioni di prodotti agricoli Usa e siglando un patto sulle valute contro la manipolazione del cambio tra yuan e dollaro.
Restano fuori dall’accordo gli argomenti più delicati come la tutela della proprietà intellettuale e del trasferimento forzoso di tecnologia, i sussidi cinesi alle aziende di stato e i cambiamenti strutturali richiesti dall’amministrazione di cui si parlerà in negoziazioni successive.
Tutto questo ha spinto l’S&P500 a un guadagno in seduta del 2%, ai massimi dall’inizio della presidenza Trump, come lo stesso Nasdaq che nell’ultima sessione ha visto un incremento del 1.21%.
Ma se da una parte vi è ottimismo e fiducia in una ripresa dell’economia, dall’altra vi sono le preoccupazioni della Fed che monitora con attenzione il circuito interbancario americano, il quale sta manifestando qualche perplessità sulla solidità del sistema.
CIRCUITO INTERBANCARIO IN ALLARME
In questi giorni il nuovo tasso variabile di riferimento “made in Usa” ha subito brusche oscillazioni, legate all’improvvisa volatilità esplosa nelle operazioni “repo” di finanziamento a brevissimo termine, che ne hanno messo in dubbio credibilità e stabilità.
Quindi occhi puntati sul mercato interbancario Usa grazie a un allarme liquidità che non rientra.
Sebbene la Fed di Jerome Powell stia continuando a iniettare nuovi fondi alle banche americane tramite un piano espansivo interbancario “repo overnight” le misure sembrano scarse per risolvere una possibile contrazione di liquidità.
All’origine del problema quanto avvenuto nel mercato overnight la Fed ha indicato che il tasso interbancario effettivo era salito oltre i target indicati, vale a dire al tetto della fascia stabilita dalla Banca centrale, oggi compresa tra il 1.75% e il 2,00 per cento.
Un tasso che oltretutto potrebbe essere ancora abbassato nel meeting di fine mese, al termine della riunione della Fed, per sostenere l’economia in rallentamento.
In generale i tassi repo overnight che riguardano indebitamento e finanziamento a breve o meglio il costo di prestiti in contanti in cambio di titoli del Tesoro utilizzando operazioni denominate appunto “repos”, si erano impennati anche fino al 10 per cento.
Se la situazione dovesse protrarsi per più settimane e i tassi rimanere ben al di sopra di quelli della Fed, il rischio è quello di vedere le banche chiedere un aumento sensibile dei tassi d’interesse sui prestiti che concedono alle aziende e ai privati.
Quindi tutto il sistema economico si troverebbe con un aumento del costo del finanziamento.
CONSIGLIO DIRETTIVO FED
Proprio per questo il consiglio direttivo della Fed ha annunciato che, a partire dal 15 ottobre, inizierà ad acquistare circa 60 miliardi di dollari al mese di titoli di Stato Usa per assicurare ampie riserve nel sistema bancario.
Si tratta tuttavia di un valore inferiore alle stime degli analisti, che per alcuni potrebbe essere ritoccato al rialzo.
E’ la prima volta che la banca centrale Usa espande il suo bilancio da quando, nel 2014, ha messo fine al suo ultimo round di acquisti di bond.
Jerome Powell, presidente della banca centrale Usa, ha tenuto a precisare che questa volta non si tratta di un nuovo Quantitative Easing, bensì solo di un modo per evitare il ripetersi delle recenti tensioni sui mercati monetari.
Di fatto Powell sta mantenendo le distanze nel dichiarare una politica espansiva in modalità QE proprio perché una dichiarazione del genere in questo attuale periodo di instabilità, genererebbe insicurezza nei mercati finanziari dando per scontato che vi è un reale pericolo di recessione, aumentando quindi le prospettive a ribasso che potrebbero innescare una reazione a catena.
Dai verbali della riunione della Fed, emerge anche la preoccupazione per rischi al ribasso per l’economia e rischi geopolitici a causa di un aumento dell’incertezza delle politiche commerciali e un indebolimento delle prospettive di crescita globali.
La debolezza degli investimenti, della manifattura e degli scambi commerciali potrebbe farsi sentire sulla spesa dei consumatori, finora motore di crescita dell’economia americana.
I verbali della Fed continuano dicendo che: “Uno dei rischi che l’economia corre è che la debolezza nelle attività manifatturiere e in quelle legate alle esportazioni possa contagiare le decisioni sul fronte delle assunzioni, con implicazioni negative per il reddito delle famiglie e la spesa”.
Ricordo che a fine mese vi è il prossimo meeting del consiglio direttivo della Federal Reserve, in cui si decideranno le nuove azioni in ambito di politica monetaria.
Qui sotto vi è la rappresentazione di quello che è il sentiment del mercato e le relative aspettative in questa data.
Da come si può notare ci sono ampie probabilità che il tasso di sconto della Fed venga abbassato ulteriormente di almeno un quarto di punto.
Questo se dovesse accadere sarebbe il terzo taglio consecutivo di una Fed che è sempre più simile al modello europeo della Bce, pronto a inondare l’economia con un altro bazooka.
Non è da escludere che a ridosso del meeting la percentuale si riveda per un taglio ancora maggiore, in ogni caso vi terrò aggiornati, perché se così fosse questa volta il dollaro potrebbe deprezzarsi notevolmente contro tutti i principali cambi.
POSSIBILE DEAL TRA REGNO UNITO ED EUROZONA?
Le trattative sono riprese anche tra queste due parti e anche qui, come nel caso Usa-Cina, gli indici e le valute come la sterlina ne hanno beneficiato alla grande facendo schizzare il prezzo.
Il Regno Unito e l’Unione europea hanno segnalato che è in vista un accordo sulla Brexit, con i negoziatori che si avviano a tre giorni di intensi colloqui a Bruxelles.
Venerdì i funzionari dell’UE hanno affermato che il primo ministro britannico Boris Johnson ha dichiarato di essere disposto a fare concessioni sufficienti per consentire l’avvio di colloqui dettagliati.
Le squadre di entrambe le parti lavoreranno duramente per scoprire se possono arrivare alla base di un accordo in vista di un vertice dei leader dell’UE che inizierà giovedì.
In questo frangente la sterlina ha registrato il suo più grande guadagno di due giorni in un decennio, mentre le azioni bancarie del Regno Unito sono aumentate vertiginosamente.
Entrambe le parti però smorzano i toni avvertendo che resta ancora molto lavoro da fare se la Gran Bretagna lascerà l’UE entro la scadenza di Johnson del 31 ottobre.
Sono in questione i piani di Johnson per far uscire l’Irlanda del Nord dall’unione doganale europea, che provocherebbe il ritorno dei controlli sulle merci che attraversano la frontiera, cosa a cui Dublino e l’Unione europea si oppongono.
Ma la vera domanda è: Johnson potrà ottenere un accordo attraverso il Parlamento?
In un incontro con gli inviati dei restanti 27 paesi tenutosi venerdì, il capo negoziatore dell’UE per la Brexit, Michel Barnier, ha suggerito che Johnson sta ammorbidendo la sua posizione sia sulle dogane che sul consenso.
IRLANDA DEL NORD
In quello che sarebbe potenzialmente un significativo arretramento, Johnson ha riconosciuto che non ci dovrebbe essere alcun confine doganale sull’isola d’Irlanda, ha detto a due funzionari.
Alla domanda in un’intervista comune per la televisione britannica, Johnson ha rifiutato di dire se l’Irlanda del Nord lascerà l’unione doganale dell’UE.
Lo stesso Jhonson ha avvisato che il percorso verso un possibile deal è ancora da vedere, i temi sono molti e quindi è ancora presto per brindare all’accordo, invitando tutti alla calma.
D’altra parte i funzionari dell’UE ritengono che l’unica soluzione sarà un accordo che manterrà l’Irlanda del Nord nell’unione doganale, il cosiddetto “backstop” solo per l’Irlanda del Nord.
I negoziatori si concentreranno ora sul fatto se l’accordo sia esplicito in questo o se le due parti possano trovare un compromesso che potrebbe vedere l’Irlanda del Nord rimanere nei territori doganali sia del Regno Unito che dell’UE, hanno detto i funzionari.
Qualsiasi accordo dovrebbe essere sostenuto dal Parlamento di Londra, dove Johnson si affida al PUD.
Il gruppo è fermamente contrario al fatto che la regione sia soggetta a norme doganali diverse per il resto del Regno Unito.
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha affermato che il Regno Unito non aveva ancora “presentato una proposta fattibile e realistica”.
Ha aggiunto di aver visto “segnali promettenti”. La prossima settimana vedrà se questi rumori si trasformeranno in un accordo sulla carta.
L’unico fattore certo è che la sterlina sta beneficiando di questa ripresa nelle trattative di ambo le parti.
Da come si può notare nei grafici qui sotto, la valuta si sta aprezzando contro tutti i cross e sta recuperando parzialmente il brusco calo dei mesi precedenti.
GBP/USD: GBP/JPY:
POSSIBILI TRADE
Sicuramente non si può dire che il rialzo sia stato di poco conto.
Da come si può notare c’è stato un forte impulso rialzista che in sole 2 sessioni ha generato rispettivamente un aumento di 470 pips sul cambio GBP/USD e ben 700 pips sul cambio più volatile e cioè tra GBP/JPY dimostrando così da parte della sterlina una notevole presa di posizione.
Ora siamo in ampia zona di iper-comprato ma c’è da dire che quando si verificano questi impulsi così frenetici in cui la volatilità è ampia la possibilità di riuscire a entrare in un trade è sempre molto rischiosa.
Si potrebbe pensare di entrare long al ritest di strutture importanti per poi cavalcare il trend di lungo derivante da aspetti macroeconomici in caso di possibile deal.
Oppure aspettare un indebolimento dell’impulso e cercare un riassorbimento del prezzo in aree “calde”.
Se fossimo entrati a ridosso dei minimi la questione sarebbe cambiata notevolmente.
Avremmo lasciato correre il possibile ulteriore profitto derivante da notizie macroeconomiche andando a chiudere le posizioni frammentando le nostre uscite.
Qui la domanda sorge spontanea: ma come si sarebbe potuti entrare sui minimi?
Mi posso pure sbilanciare dicendovi che nel cambio GBP/JPY vi era proprio una bella Marsigliese che se contestualizzata con altri fattori ci avrebbe permesso di entrare a mercato rischiando poco, ottenendo un rapporto di rischio/rendimento veramente da ricordare.
La Marsigliese è un pattern che se contestualizzato nel giusto modo permette di entrare a mercato cavalcando il trend che si potrebbe venire a creare derivante dallo stesso impulso che ha generato la nostra entrata.
Con questo però, vorrei ricordare che ogni strategia può fare la differenza se vi è alla base una giusta contestualizzazione, al fine di filtrare le entrate e riuscire a prendere gli ingressi a noi favorevoli.
Questo lo si ottiene con tanta pratica e dedizione.
Ogni arma può fare la differenza, a patto che la si sappia usare nella maniera opportuna.
USD/CAD
Nella scorsa analisi vi avevo lasciato da monitorare un possibile short sulla coppia USD/CAS in cui si era visto che grazie a numerose confluenze vi era la possibilità di uno short, dandovi come spunto 2 aree di possibile target.
Andiamo a vedere com’è andata tramite i grafici qui sotto.
Da come si può notare l’area di resistenza volumetrica ha fatto il suo dovere anche in questo caso, dandoci un’entrata con rischi rendimenti elevati.
Il primo Tp è stato raggiunto con facilità mentre il Tp2 è stato sfiorato.
Nelle giornate successive non è escluso un ritest del supporto per poi continuare la fase di trading-range.
Essenziale è analizzare quindi il mercato sulla base di ciò che si sta dimostrando e non su ciò che pensiamo faccia.
Ad esempio in questo frangente siamo all’interno di una fase di trading range confermato, quindi questo mi fa pensare che a ridosso dell’ultima aera di supporto possa esserci un possibile long.
Se il mercato non rallenta e il suo momentum non cala è controproducente entrare in buy e in questo caso potrei valutare uno short nel momento in cui ci sia un ritest nell’area bucata.
Essenziale è quindi saper vedere più contesti ed adattarli alle fasi del mercato facendoci trovare sempre pronti.
Con questo vi saluto e vi auguro buon trading.
Michele Cervellin.
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